LE CAVE DI CARRARA


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Lo scultore e pittore rinascimentale Michelangelo Buonarroti riteneva che «ogni blocco di pietra ha una statua dentro di sé ed è compito dello scultore rivelarla». Una delle sue opere più celebri, il David, oggi conservata alla Galleria dell’Accademia di Firenze, ha una storia che bene si sposa con il suo pensiero. Prima di Michelangelo infatti, gli artisti Agostino di Duccio nel 1451 e Antonio Rossellino nel 1960 cercarono di scolpire il grande blocco di marmo proveniente dalle cave di Carrara, senza alcun successo. Questo, in gran parte già abbozzato dalle mani dei due scultori, per molti anni rimase dimenticato, fino a quando Michelangelo non lo liberò dal blocco.

Sin dall’Impero romano il pregiato marmo toscano è stata la materia che ha ispirato architetti e artisti a dar vita ai più grandi monumenti architettonici che tuttora ammiriamo, come il Pantheon, il Tempio di Apollo Palatino, il Foro Traiano e il Tempio di Giove, solo per citarne alcuni.
Gran parte della storia dell’arte italiana deve la sua fama ai marmi cavati dalle Alpi Apuane utilizzati da artisti come Antonio Canova e Gian Lorenzo Bernini, ma anche per abbellire con decorazioni edifici come il Battistero di Firenze, il Duomo di Santa Maria del Fiore, il Campanile Giottesco, la Cattedrale e il Battistero di Pisa.
Oggi le cave di Carrara sono considerate un luogo simbolo, conosciuto in tutto il mondo, dell’arte e della capacità artigianale del nostro paese, nonché della ricchezza del nostro paesaggio naturale. Il fotografo Marco Gehlhar, in due diverse occasioni, è tornato in quei luoghi immortalandone il loro volto più contemporaneo, svestendole da un immaginario idealizzato e metafisico, che negli ultimi decenni le era stato attribuito anche grazie al cinema, per restituirne un racconto più reale. La durezza delle strumentazioni meccaniche da lavoro e dei tagli sulle montagne, da cui il pregiato marmo viene estratto, si legano armonicamente con l’altra faccia più poetica dei laboratori in cui le sculture prendono vita o vengono conservate, e dei suggestivi panorami naturali. Le immagini di Gehlhar, attraverso colori tenui, una luce morbida e un’estetica che si inserisce perfettamente nella sensibilità artistica dello spirito del nostro tempo, ci aiutano a osservare questi luoghi iconici da un punto di vista nuovo, scevro da stereotipi, svelandone la loro verità filtrata dall’esperienza del fotografo che li interpreta.

Text by Giada Storelli

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